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29 Luglio 2022 | Approfondimenti

La tintura naturale dei tessuti: storia, tecniche e prospettive future

La tintura naturale dei tessuti: storia, tecniche e prospettive future

Cosa si intende per tintura naturale dei tessuti?

La tintura naturale consiste nell’utilizzo di pigmenti, rilasciati da specie appartenenti al mondo vegetale, animale e minerale, al fine di colorare un tessuto in modo stabile.

La natura, infatti, ci offre un ricchissimo patrimonio di materie prime con proprietà tintorie, ovvero capaci di rilasciare colore. Piante, radici, frutti, ortaggi, insetti, molluschi, terre e fiori: sono tantissimi gli elementi da cui è possibile partire per tingere un capo, ciascuno dotato di una determinata specificità tintoriale:

  • per ottenere il rosso, ad esempio, si possono utilizzare verdure come la barbabietola rossa e il cavolo rosso, frutti come il melograno o radici come la robbia;
  • Per colorare di giallo ci si può servire delle foglie di tè o di camomilla, di spezie come lo zafferano, la paprika e la curcuma o di verdure come la cipolla;
  • Il blu può essere ricavato dal gelso, dall’uva, dalla pianta dell’indaco o dalla corteccia del corniolo;
  • a partire dal vino rosso, dal cavolo nero, dalle bacche di sambuco e mirtillo e da alcune terre si ricava il viola;
  • per tingere di verde si parte dalle foglie degli spinaci, della menta piperita o del pesco, oppure da altri vegetali come la bocca di leone, il lillà e le ortiche;
  • per colorare di nero-grigio si utilizzano verdure come carciofi, frutti come la mora o altri vegetali come la radice di iris;
  • il marrone si ricava dai chicchi di caffè, dalle foglie di tè nero, dalle radici di tarassaco, dalla corteccia di quercia e dal mallo di noce;
  • per ottenere l’arancione si parte da ortaggi come le carote e le bucce di cipolla oppure dalla polvere di hennè;
  • il rosa infine può essere estratto da frutti come le ciliegie o da fiori come i petali delle rose rosse.

Qualsiasi tessuto può essere colorato in modo naturale?

Non tutti i tessuti sono inclini ad assorbire i coloranti naturali in modo stabile. Sono proprio le fibre di origine naturale, come il cotone, la canapa, il lino, la seta, la lana e il SeaCell, ad essere capaci di accogliere la colorazione naturale e di trattenerla al loro interno in modo ottimale, mentre i tessuti sintetici non hanno questa proprietà e devono essere necessariamente sottoposti a colorazioni artificiali.

Accenni di storia della tintura naturale dei tessuti

“L’ars tinctoria” è una pratica antichissima, la cui nascita è stata collocata intorno al 3000 a.C. A questo periodo risalgono infatti i primi reperti, ritrovati soprattutto in India e in Egitto, che dimostrano l’utilizzo di spezie come la curcuma e lo zafferano o di terre e sostanze minerali per tingere i tessuti ricavati da piante autoctone.

Per questi popoli ogni colore aveva un preciso significato simbolico, ad esempio il verde era associato alla fertilità. Visto il lungo e costosissimo procedimento richiesto per ottenere i tessuti colorati, l’utilizzo di questi ultimi era destinato esclusivamente alle vesti dei regnanti. I colori degli indumenti svolgevano infatti l’essenziale funzione di comunicare in modo immediato lo status sociale degli individui che li indossavano.

I Fenici sono conosciuti come i più abili tintori fra i popoli antichi del bacino del Mediterraneo. La loro fama in questo ambito si deve soprattutto all’invenzione, intorno al XV secolo a.C., della rinomata porpora di Tiro: un pregiatissimo colorante viola ricavato dalla complessa e dispendiosa lavorazione di enormi quantità di un mollusco marino. Il popolo fenicio fondò un vastissimo impero commerciale basato su questo pigmento, che ebbe una così ampia diffusione e approvazione da divenire il simbolo per eccellenza del lusso e del potere, tanto da essere utilizzato per le tuniche degli imperatori romani.

È noto che, almeno inizialmente, Greci, Romani e Fenici utilizzavano soltanto i colori primari nella loro tonalità più netta, in quanto non si conosceva ancora il modo per dare vita alle colorazioni intermedie o più tenui.

Nel Medioevo la pratica tintoria divenne una vera e propria professione, conosciuta ed esercitata in tutta Europa. In Italia, intorno al 1400, la tintura dei tessuti assunse grande rilevanza: la sola città di Firenze contava allora circa 200 laboratori specializzati. Anche l’arte tintoria veneziana nel XVI secolo conquistò notorietà in tutto il Vecchio Continente, grazie alla qualità delle materie prime utilizzate e all’accuratissima tecnica sviluppata.

La rivoluzione nel mondo della tintura dei tessuti si ebbe a partire dal 1864, anno in cui si data l’invenzione del primo colorante sintetico, derivato dal catrame, da parte del chimico inglese William Perkin. Da allora l’industria dei coloranti artificiali conobbe un inarrestabile sviluppo, andando a soppiantare completamente la tintura naturale, grazie al grande risparmio economico, alla minore complessità e alla maggiore velocità di produzione dei coloranti sintetici. Essi sono inoltre più durevoli e offrono una brillantezza e una persistenza alla luce difficilmente replicabile con i coloranti naturali.

Negli ultimi anni però è emerso in modo sempre più evidente il danno che l’industria chimica dei coloranti sintetici reca all’ambiente: produce infatti un enorme mole di sostanze inquinanti di scarto e di emissioni di anidride carbonica, oltre a consumare un’elevatissima quantità di risorse idriche. Sempre più studi scientifici hanno confermato le controindicazioni per la salute dei coloranti sintetici, legate alla presenza in essi di componenti cancerogene.

È per questo che grandi e piccoli brand stanno investendo sempre maggiori risorse nella produzione di coloranti naturali e nello sviluppo di nuove tecniche di tintura che siano rispettose della pelle e dell’ambiente.

Come si tingono i tessuti in modo naturale?

Vediamo ora i principali passaggi da compiere per tingere un tessuto a partire da una sostanza naturale. Vi illustreremo il procedimento di base che, con una buona dose di attenzione, pazienza e creatività può essere riprodotto da ciascuno di noi nelle nostre case, senza disporre necessariamente di un laboratorio professionale.

1. Il lavaggio del tessuto

L’azione preliminare da compiere, prima di procedere alla tintura vera e propria, è il lavaggio accurato dell’indumento da colorare al fine di rimuovere ogni residuo di sporco, lasciando il capo umido. In questo modo le fibre si trovano nello stato ottimale per assumere la colorazione.

2. La preparazione del mordente

Il mordente, o fissativo, è quella sostanza che aiuta la fibra ad assumere più facilmente la colorazione naturale. Ha lo scopo di legare la tintura al tessuto, agendo da ponte fra le fibre e il colorante. Sono molteplici le sostanze in grado di svolgere questa funzione: quelle più comunemente disponibili sono il cloruro di sodio (mezza tazza di sale da cucina in 2,5 litri di acqua fredda) e l’acido acetico diluito (250 ml di aceto bianco per ogni litro di acqua fredda). Possono essere utilizzati anche l’allume e i tannini: il primo presenta il vantaggio di essere incolore, mentre i secondi conferiscono una leggera colorazione beige.

3. La mordenzatura

La mordenzatura si esegue immergendo il tessuto inumidito nella soluzione preparata con il fissativo e portando ad ebollizione il tutto per almeno una decina di minuti. Quindi si lascia il tessuto immerso per circa 12 ore, terminate le quali sarà strizzato (al fine di eliminare la soluzione in eccesso) senza essere risciacquato. Precisiamo che questo tipo di mordenzatura funziona selettivamente su tessuti di origine naturale.

Non tutti i coloranti naturali necessitano di mordente per legare il tessuto in modo stabile. I pigmenti che richiedono l’utilizzo del fissativo si caratterizzano per l’essere solubili in acqua ma incapaci di fissarsi direttamente alla fibra. Fanno parte di questa categoria ad esempio la reseda, la robbia e la cocciniglia. I cosiddetti coloranti diretti sono altresì solubili in acqua, ma anche capaci di legare direttamente il tessuto senza utilizzo di adiuvante. Fra questi si annoverano i coloranti tannici (il più comune è il vino rosso) e alcune spezie e terre come la curcuma, lo zafferano e l’hennè. Infine ci sono i coloranti al tino: essi sono insolubili in acqua, pertanto devono essere convertiti nelle corrispondenti forme solubili in grado di fissarsi sulle fibre mediante un processo di riduzione chimica in condizioni alcaline. L’indaco fa parte di questa categoria.

4. La preparazione del decotto

Per preparare la soluzione con il colorante è necessario macerare o sminuzzare, a seconda dello stato di partenza, la materia prima dalla quale si desidera estrarre il pigmento, che deve essere in quantità pari al peso del tessuto da colorare. L’ingrediente naturale va lasciato bollire in acqua per almeno un’ora (il tempo varia a seconda della sua durezza), infine si procede alla filtrazione per eliminare le parti solide rimaste, che potrebbero interferire con la colorazione.

5. Il bagno tintorio

È giunto il momento di immergere il tessuto precedentemente mordenzato (ove necessario) in vasche (o pentole se eseguito a casa) contenenti la soluzione con il colorante preparata. Si fa bollire il tutto a fuoco lento per un paio di ore, mescolando di tanto in tanto per cercare di colorare uniformemente tutte le fibre, quindi si toglie il contenitore dalla fonte di calore e si lascia raffreddare il tessuto all’interno della soluzione. Più il tessuto resta immerso nella soluzione, più intenso sarà il colore finale, pertanto va posta attenzione alla tonalità che si intende raggiungere, tenendo presente che il tessuto bagnato appare sempre più scuro del suo corrispettivo asciutto.

Sfide e prospettive della tintura naturale

Sono ancora molte le barriere da superare per rendere la produzione delle tinture naturali economicamente competitiva e realmente attrattiva per le grandi case di moda. Prima di tutto deve essere garantita una quantità di produzione dei coloranti in linea con le richieste industriali: oggi le aziende tessili che sperimentano in questo campo sono costrette ad approvvigionarsi dei pigmenti attraverso canali eterogenei poiché non esiste una filiera stabile di queste materie.

Resta ancora aperta la sfida per garantire una maggiore solidità del colore, attributo che definisce la capacità di un colorante di persistere senza alterazioni sul supporto tessile a cui è stato fissato. Le tinture naturali sono infatti più suscettibili di modifiche e attenuazioni legate all’esposizione alla luce solare, ai ripetuti cicli di lavaggio e al contatto con il sudore e il pH della pelle.

Va sempre ricordato che la tintura naturale, anche se può essere effettuata in impianti industriali, mantiene le caratteristiche di un’attività artigianale: è impossibile garantire una perfetta riproducibilità del colore fra un capo e l’altro della medesima produzione, inoltre le tonalità ottenute con i coloranti naturali sono raramente vivide quanto le alternative sintetiche.

Questo apparente svantaggio può essere ribaltato e divenire un punto di forza in un mercato sempre più alla ricerca del “pezzo unico”: la colorazione naturale infatti rende ciascun capo davvero singolare e irripetibile, conferendogli identità e aumentandone il valore.

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